Fontem
è una lunga discesa di terra battuta, un villaggio che si apre
sulla vallata verde. Tutto è verde. La vegetazione è
interrotta solo dai tetti delle cassette basse, i tetti in lamiera
che spuntano qua e là come tanti puntini grigi a far da
contorno al verde che domina su tutte le sensazioni. Il cielo della giungla in
questo periodo – qui è estate – è avvolto da una
foschia umida al mattino e alla sera. Il cielo è azzurro pieno
con il sole a mezzogiorno. Fa caldo, ma non come a Doaula. La
temperatura è ancora sopportabile. Molti in questo posto ci
hanno lasciato un pezzo di cuore. Claude, francese, fotoreporter ha
vissuto a lungo qui, come missionario laico. Ora vive a Tangeri. Ma
appena può torna in questa terra, non in Francia. “Da
trent`anni vivo in Africa. In Europa non riesco più a stare. Qui,
nella foresta tropicale e nei suoi villaggi, c’è il cuore
dell’Africa”.
Il cuore dell’Africa è nella cultura
tradizionale che in queste zone interne è ancora intatta, non
ancora intaccata dall’Occidente e dal suo egoismo. Il cuore
dell’Africa è il calore della gente, nella sua semplicità,
il senso comunitario dell’esistenza, l’ospitalità sacra. Non
hanno niente, ma il poco che hanno devono dividerlo con te. Noi, a
sentire Claude, abbiamo tutto nella civiltà dei cosumi ma
abbiamo perso per strada il significato di questi valori che erano
anche nostri almeno fino agli anni Sessanta. Siamo sempre connessi,
iper tecnologici, sempre aggiornati ma sempre più soli e
chiusi nei rispettivi gusci. Per conoscere nuova gente ci inontriamo su Facebook, L’amicizia passa attraverso un video di
plastica. Qui ti accolgono gli odori, gli occhi, le mani e i sorrisi
di una gente che è povera ma allo stesso tempo ricca.
Il
popolo bangwa, che abita a Fontem e in tutto il Lebialem, un`area con 300mila abitanti dispersi tra villagi
nascosti sotto la vegetazione tropicale, rischiava l’estinzione
decimata dalla malattia del sonno e dalla mortalità infantile. Il
fon che è il loro re chiese aiuto.
In questo posto i missionari non erano arrivati e non volevano
venirci. Era troppo lontano da tutto. Il vescovo di allora, che si chiamava Peters,
chiese aiuto a una giovane donna di Trento, Chiara Lubich, che pochi
anni prima aveva fondato il movimento dei Focolari, all’avanguardia
nella chiesa pre conciliare di allora e forse anche oggi per tanti aspetti. Frutto della scoperta rivoluzionaria del vangelo
vissuto, giorno dopo giorno. Senza parole.
Prediche o conversioni forzate, come i missionari di un tempo. I
primi focolarini, medici, ingegneri, infermieri, sono arrivati nei
primi anni Sessanta. Hanno costruito un ospedale che oggi serve tutta
l’area e poi il College, scuola che ospita centinaia di ragazzi con
un sistema educativo anglosassone. Oggi la malattia del sonno non c’è
più. La mortalità infantile è bassissima, ferma
a percentuali occidentali. Il posto, a parte l’esotismo e la natura
lussureggiante, non è granché. La sua particolarità
deriva proprio dal fatto che qui convivono, condividendo molti
valori, la cultura tradizionale ancora viva e un cristianesimo
vissuto. La differenza la fa proprio la gente. Non so spiegarlo
meglio. E’ un posto davvero “caldo”. Basta camminare lungo la
discesa per capirlo. “Il cuore dell`Africa”. (7 – segue)