In questa zona del Camerun, nei villaggi disseminati dentro la giungla
tropicale, la casa viene chiamata compound perché è
composta da più edifici. Tutti di un piano solo. La casa
principale ha una stanza grande, il soggiorno, che dà sulla
porta d’ingresso, dove si vive e dove si accolgono le persone.
Accanto ad esso ci sono tre stanze da letto, ognuna con un piccolo
bagno e un cucinino. Di solito le donne africane non cucinano qui. In
ogni compound, separato dall’edificio principale c’è una
casetta adibita a cucina a legna. E’ la cucina tradizionale. Si
riconosce perché non ha la canna fumaria ed è tutta
nera dalla fuliggine, dentro e fuori, sui muri e le finestre.Il fuoco
viene acceso dentro la stanza, il fumo la riempie mentre il cibo si
cuoce, lentamente. E più economica da usare rispetto a quella
“moderna” che è dentro casa perché non consuma gas.
Il fumo viene usato per far seccare e aromatizzare alcuni cibi, come
la carne e il pesce. Un po’ la stessa tecnica che usano i ladini in
Alto Adige per fare lo speck. Così mentre cucinano il fumo
invade tutta la piccola casetta e investe inevitabilmente anche chi
sta dentro, le donne. Si fa fatica a respirare.
Le
donne cominciano a preparare i cibi presto al mattino. E tutti appena
alzati, compresi i bambini, aiutano a risistemare la casa. A pulire
per terra con una scopa lunga fatta di foglie lunghe come tanti
bastoncini di legno, senza manico, foglie di un albero di cui non so
il nome che ho visto nella foresta tropicale. Scopano anche fuori,
sul patio che è davanti alla casa e nel terreno di fronte alla
casa, di terra battuta. Nell’insieme la casa è semplice, ma
quando è pulita è dignitosa. Le finestre non sono come
le nostre. Non si possono chiudere, non serve farlo. Qui fa sempre
caldo. Ci sono le zanzariere e delle strisce di vetro che impediscono
di entrare dall’esterno ma che permettono di far passare l’aria.
Dietro all’edificio principale ci sono altre casette adibite a
cantine, altre docce e dei bagni aperti come delle turche, Ma non
vengono usati. Accanto alla casa passa un piccolo torrente con acqua
di sorgente. E l’acqua della casa arriva da una cisterna di
captazione situata più in alto.
La
doccia è fredda. Ma ci si abitua. Non riesco a mettermi subito
sotto il getto. Con il passare dei giorni ho perfezionato la tecnica.
Bagno i capelli e poi i piedi. Superata l’esitazione e qualche
brivido, cantando, gridando, finalmente riesco a bagnarmi tutto il
corpo. Il problema è quando l’acqua non c’è. E’
capitato. A un certo punto è sparita l’acqua. Aprendo i
rubinetti non veniva giù niente. Neanche una goccia. Tutto il
gruppo di case è rimasto senza acqua. E per due giorni non ci
siamo potuti lavare. Fino a quando qualcuno non è andato alla
sorgente a caricare l’acqua per la famiglia.Un secchio pieno deve
bastare per lavarsi. Dalla testa ai piedi. Ci si riesce a farsi una
doccia completa. Anche qui la necessità aiuta l’ingegno e in
qualche modo si fa. Certo, qui capisci quanta acqua sprechiamo senza
badarci. Capisci il valore di una cosa quando non ce l’hai. Provare
per credere.